Lagerstroemia: il piccolo albero che accende l’estate di colore

A guardarlo da lontano, con la chioma ampia e le foglie lucenti, l’ailanto sembra davvero un albero del paradiso, come suggerisce il suo nome. Eppure dietro la bellezza esotica si nasconde una storia complessa, fatta di viaggi, adattamenti e persino di eccessi. Arrivato in Europa dalla Cina nel Settecento come pianta ornamentale e produttiva, oggi è conosciuto anche per la sua capacità invasiva e la sorprendente resistenza, che lo rendono protagonista tanto amato quanto discusso dei nostri paesaggi urbani e rurali.

Lagerstroemia
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Origini e diffusione

L’Ailanthus altissima è originario della Cina e dell’Asia orientale, dove cresce spontaneo in zone calde e montuose. Fu introdotto in Europa intorno al 1700, apprezzato per la crescita veloce e la sua chioma elegante. In breve tempo si è naturalizzato in gran parte del continente, diffondendosi in Italia, Francia e Spagna fino a diventare una presenza comune lungo strade, fiumi e pendii.

Il nome deriva dal malese ailanto, che significa “albero del cielo” o “che raggiunge il cielo”, un riferimento alla velocità di crescita e alla portanza verticale che lo caratterizzano.

Caratteristiche botaniche

Appartenente alla famiglia delle Simarubaceae, l’ailanto è un albero a foglia caduca che può raggiungere i 20 metri di altezza. Le foglie, composte e imparipennate, sono formate da 6 a 15 paia di foglioline con base dentata; in autunno assumono una tonalità giallo-bruna, ma se strofinate emanano un odore pungente e poco gradevole, che contribuisce alla sua scarsa fortuna come pianta ornamentale.

I fiori, riuniti in infiorescenze unisessuali lunghe fino a 20 cm, compaiono tra maggio e giugno e hanno una colorazione bianco-verdastra. Dai fiori femminili si sviluppano i frutti, delle samare lanceolate di colore bruno rossastro, che restano a lungo sulla pianta anche in inverno, creando un effetto decorativo caratteristico.

Habitat e comportamento

L’ailanto è una pianta estremamente adattabile e resistente. Cresce su quasi tutti i tipi di terreno, anche poveri, sabbiosi o calcarei, purché non troppo esposti al vento, al quale è sensibile per la fragilità dei rami. È una specie pioniera, capace di colonizzare rapidamente terreni abbandonati, scarpate, argini fluviali e bordi stradali.

Proprio questa capacità di rigenerarsi e moltiplicarsi — sia tramite semi sia attraverso polloni basali — lo ha reso una specie invasiva, difficile da contenere una volta insediata. In molti contesti è considerato infestante, capace di sostituirsi alle specie autoctone e di alterare gli equilibri degli ecosistemi locali.

Usi e curiosità storiche

Nel corso dell’Ottocento l’ailanto fu oggetto di grande interesse economico: venne introdotto per sperimentare l’allevamento della sfinge dell’ailanto (Philosamia cynthia), un lepidottero utilizzato come alternativa al baco da seta. L’iniziativa non ebbe successo, poiché l’insetto si adattò con difficoltà ai climi europei, ma contribuì a diffondere ulteriormente la pianta nel continente.

Il legno, tenero e leggero, è impiegato nell’industria cartaria per la produzione di cellulosa di buona qualità, ma trova anche utilizzo in piccole opere di falegnameria e carpenteria leggera. Tuttavia, il suo valore principale resta ecologico: l’ailanto cresce dove altre specie non riuscirebbero a sopravvivere, aiutando a stabilizzare terreni difficili o soggetti a erosione.

Un albero tra bellezza e resistenza

L’ailanto divide per la sua doppia natura: ornamentale e invadente, elegante e indomabile. La sua capacità di crescere ovunque lo rende una specie affascinante e al tempo stesso problematica. È un albero che racconta una storia di adattamento e conquista, di come una pianta venuta da lontano sia riuscita a trasformarsi da simbolo di esotismo a presenza quotidiana del nostro paesaggio.

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